Durante la guerra la Marina americana aveva avuto in altre occasioni perdite durissime di vite umane: nel marzo del 45 un solitario Kamikaze si era abbattuto sulla portaerei Franklin trasformandola in un inferno di fiamme e fumo dove morirono 772 uomini.
La nave non affondò ed il suo salvataggio é ricordato come uno degli episodi più alti della storia della Marina statunitense.
Con l'incrociatore Juneau, colpito dal sommergibile I-26 il 13 novembre 1942, si persero 676 uomini mentre un anno dopo, il 24 novembre 1943, il sommergibile I-175 silurava la portaerei di scorta Liscombe Bay centrandone i depositi di munizioni: la nave si disintegrò con 644 marinai.
Con l'Indianapolis si persero 882 uomini, ma la cosa che rese tale perdita insopportabile fu che circa 500 di loro morirono per non aver ricevuto un soccorso che avrebbe dovuto scattare poche ore dopo il disastro, cosa che invece non avvenne.
Colui che aveva colpito (l'I-58) era rientrato senza danni alla sua base impunito (cosa già gravissima per la mentalità americana).
La nave viaggiava senza scorta in un momento della guerra dove, secondo l'opinione pubblica, una nave di scorta si sarebbe potuta trovare senza difficoltà; inoltre, a rendere ancor più drammatici quegli avvenimenti, la maggior parte dei congiunti dei caduti ricevette il telegramma della scomparsa del familiare lo stesso giorno in cui il Presidente degli Stati Uniti annunciava la fine della guerra.
In pochi giorni la notizia e le modalità dell'affondamento dell'Indianapolis fecero il giro degli Stati Uniti provocando una forte emozione in tutto il Paese.
Non poco pesarono i racconti dei superstiti ognuno dei quali aveva visto i propri compagni morire chi di sete, chi divorato dagli squali, chi colto da follia.
Qui sopra: due fotogrammi scattati dai primi soccorritori ai"fortunati"che avevano trovato scampo su di un battellino di salvataggio.
La temperatura mite delle acque fu l'unico punto a loro favore.
Se si fossero trovati nell'Oceano Atlantico, molto probabilmente non vi sarebbero stati superstiti.
Nelle Immagini a sopra:naufraghi dell'Indianapolis con ancora laforza di sorridere ai loro salvatori, in questocaso marinai del cacciatorpediniere Register.
Per la prima volta nella storia della Marina degli Stati Uniti in occasione della perdita di una nave da guerra in azione, fu istituita una Corte Marziale che vide come imputato il Comandante McVay.
I capi d'accusa furono due: negligenza, per aver trascurato di navigare zigzagando, ed inefficienza, per non essersi accertato che i segnali di soccorso fossero stati lanciati prima dell'affondamento.
Il processo fu lungo e in un certo qual modo tormentato.
Quando i clamori dei fatti sembrarono essersi un poco placati vi fu un episodio che riportò quei terribili momenti alla memoria di tutta la Nazione: su richiesta dell'accusa venne convocato quale teste un personaggio che nessuno si sarebbe mai sognato di vedere nell'aula di una Corte Marziale che stava giudicando l'operato di un ufficiale pluridecorato come McVay: il Capitano Hashimoto.
In tutti gli States vi fu un'ondata di proteste provenienti da ogni parte.
Che un ufficiale nemico fosse chiamato a deporre contro McVay venne sentito come un'offesa nazionale.
Non vi erano precedenti in tal senso; le obbiezioni sollevate furono molte e non sempre fuori luogo.
Comunque Hashimoto fu prelevato dalla sua casa e portato in California (pur avendo avuto assicurazioni che egli non era prigioniero e che sarebbe stato trattato come un Ufficiale, Hashimoto non ebbe alcuna possibilità di scelta).
13 Dicembre 1945
Il Capitano Hashimoto (a destra nella foto) depone in qualità di teste nel processo a carico del Comandante dell'Indianapolis, Capitano Charles Butler McVay .Nell'immagine, Hashimoto sta indicando su di un modellino dove colpirono i suoi siluri.
Il fatto curioso fu che la sua testimonianza (osteggiata dal collegio difensivo e dallo stesso McVay) segnò un punto a favore della difesa e non dell'accusa.
Quest'ultima intendeva dimostrare che la mancata navigazione a zig-zag dell'Indianapolis fosse la causa principale che aveva consentito al sommergibile nemico di colpire.
Hashimoto, rispondendo in qualità di teste alle domande proprio dell'accusa, disse in pratica che non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad affondare l'Indianapolis qualora quest'ultimo avesse seguito una rotta zigzagante anziché rettilinea.
Quella della navigazione a zig-zag era una questione già da tempo oggetto di discussione tra gli "addetti ai lavori".
Pur essendo una pratica consolidata, c'era chi la riteneva inutile in quanto, con i moderni sistemi di calcolo di cui erano dotate le centraline di lancio dei sommergibili, tale pratica non impediva di essere colpiti.
Questo ad eccezione che la "spezzata", vale a dire il repentino cambio di rotta, non avvenisse in concomitanza al lancio o negli istanti immediatamente precedenti o successivi ad esso, ed anche in quei casi, le possibilità di incassare un siluro, specie se il lancio era multiplo, non erano trascurabili.
Inoltre, si ricordava che vi erano stati casi in cui un sommergibile, dopo aver avvistato una nave per lui fuori portata, se l'era improvvisamente vista a tiro grazie ad una accostata determinata dallo schema di navigazione zigzagante.
Il 19 Dicembre 1945 la Corte Marziale emise un verdetto che assolveva il comandante McVay per il secondo capo d'accusa ma lo riteneva colpevole per il primo.
Tuttavia la stessa Corte, in considerazione dei precedenti dell'accusato (eccellenti) e per il fatto che nessun comandante era stato mai sottoposto a Corte Marziale per la perdita della sua nave in azione, raccomandava la massima clemenza nei suoi confronti da parte delle Autorità Superiori.
A quel punto la carriera di McVay poteva dirsi finita.
Ma il 20 Febbraio 1946 il segretario di Stato Forrestal firmò una delibera che, fermo restando il giudizio della Corte marziale, condonava interamente la pena a McVay il quale veniva reintegrato in servizio.
Egli raggiunse New Orleans dove assunse la carica di capo di stato maggiore e aiutante del Comandante dell'Ottavo Distretto Navale, Ammiraglio A.S. Merrill.
Tutta la vicenda tuttavia dovette averlo segnato nell'animo al punto che, certamente amareggiato, lasciò la Marina il 30 giugno 1949, all'età di soli 51 anni.
Il caso Indianapolis non era ancora concluso.
La domanda: "a chi doveva ascriversi la responsabilità dell'accaduto?" non aveva ancora trovato risposta.
Due le possibilità: o vi erano delle persone che avevano commesso errori, oppure il sistema organizzativo era lacunoso.
E dal momento che, da sempre, il "sistema", specie quello militare, è sempre perfetto e non sbaglia mai, una Commissione di Inchiesta trovò quelli che in pratica si ritrovarono ad essere dei capri espiatori: quattro ufficiali che prestavano servizio a terra nelle Filippine.
Essi erano il Commodoro N.C.Gillette, facente parte dello statomaggiore del Vice Ammiraglio Kaufmann, del Comando Marittimo delle Filippine ed il suo Ufficiale alle operazioni Capitano di vascello A.L. Granum.
Il Capitano di corvetta J.C.Sancho ed il Tenente B.S.Gibson, ambedue appartenenti all'Ufficio del direttore del porto di Leyte.
Nel Marzo del '46, in una affollata conferenza stampa, il portavoce della Marina Militare americana lesse una lunga relazione sul caso Indianapolis nella quale, pur in modo non esplicito ma "tra le righe", i quattro ufficiali sopra citati risultavano aver mancato, in misure diverse, di intraprendere le azioni necessarie quando la nave non giunse in porto.
Essi ricevettero una lettera di rimprovero!
Per la marina il caso era chiuso.
Che i quattro Ufficiali fossero però assolutamente innocenti é dimostrato da una appendice alla storia che si aggiunse il 9 Dicembre di quello stesso anno.
Essi quel giorno, ricevettero una lettera dal segretario di stato Forrestal che li informava che, ad un attento riesame dei fatti e circostanze inerenti la perdita dell'Indianapolis, si evinceva che l'azione disciplinare promossa a loro carico (la lettera di rimprovero) risultava eccessiva; pertanto essa veniva cancellata.
In quella occasione però non vi fu alcuna conferenza stampa o comunicazione di sorta agli organi di informazione!
Sulla tragedia "Indianapolis" calava definitivamente il sipario.
O almeno così sembrava.