giovedì 7 febbraio 2008

Un posto beato tra i monti ed i cinghiali, ove ci si bea di tanta agreste solitudine

storia di Ligonchio
ricette tipiche
personaggi famosi
Cenni storici
L'origine del nome "Ligonchio" non è ben precisa, in vecchi documenti si riscontra in diversi modi: "Aligante", "Ligonchium", "Ligontum", "Ligustrum", quest'ultimo deriverebbe da Ligure, infatti in epoca remotissima, una stirpe di uomini, gli Euro Africani mossero dalle regioni del Mediterraneo alla conquista dell'Europa e nell'Italia settentrionale furono denominati "Liguri". Ligonchio fu corte e ciò emerge da documenti storici del 1075. Nel 1076 la Contessa Matilde di Canossa cedette la corte di Ligonchio alla Badia di Frassinoro per ricavarne utili al fine di fortificare il Castello di Carpineti contro eventuali attacchi di Arrigo IV, Re di Germania in lotta con Papa Gregorio VII.La corte di Ligonchio riemerge ancora in un diploma dell'Imperatore Federico I, il Barbarossa nel 1158 e, nelle pagine storiche del XIV secolo come facente parte, insieme a Piolo dei feudi appartenuti ai Dalli di Sillano, una Signoria che fra alterne vicende spadroneggiò nell' Appennino per tramontare in Gova di Villa Minozzo durante la Rivoluzione Francese. Nel 1383 la corte di Ligonchio e la sua Rocca unitamente a Piolo passarono nelle mani della famiglia dei "Vallisneri" che erano condominali dei "Dalli" nel castello di Piolo. Nel 1431 Piolo con le sue dipendenze del Ligonchiese e di le Vaglie si consegnò a Nicolò d'Este. La Villa di Ligonchio fece parte della podesteria di Minozzo per un secolo e mezzo, e poi, con Ospitaletto, Predare, e Canova diventò dominio delle famiglie Bertocchi e Bemardi. Verso la metà del 1600 il Duca Rinaldo della Casa d'Este vendette Ligonchio ai Conti Ferrarini per 17.000 scudi. Nel 1750 Ligonchio passò dalla famiglia Becchi e infine ai Conti Contuti Castelvetti. Durante la Rivoluzione francese Ligonchio fu dichiarato Comune sotto il cantone di Minozzo. Con la Restaurazione del 1815 riottenne la sua autonomia.

CURIOSITA', LEGGENDE E TRADIZIONI
Il carnevale dalla storia ai giorni nostri.Le origini del carnevale risalgono all' anno. 1430.Si voleva allora ricordare la caccia del conte Andreolo Dalli dalla Rocca in un senso umoristico.Si allestiva con stracci e paglia un grosso pagliaccio che veniva portato lungo i sentieri dell' abitato fino sopra la Rocca, accompagnato da un corteo mascherato che suonava corni e campanacci. Il pagliaccio veniva poi qui bruciato.Ancora oggi i ragazzi il Martedì bruciano il Carnevale: dopo le feste di Natale si cominciano a raccogliere i ginepri usati per l'albero insieme aI scatoloni vuoti e a copertoni di macchina, si portano poi nei luoghi più alti del paese, in modo che mentre bruciano siano ben visibili da lontano.Fino a qualche anno fa esisteva una grande competizione tra i paesi limitrofi per avere il Carnevale più grande, negli ultimi tempi però questa tradizione è andata lentamente scemando, anche perché essendo i ginepri piante protette, le. famiglie acquistano l'albero di Natale, pini e abeti, con le radici che poi trapiantano nei giardini.
Portare l'orso a Modenanel 1451, la Camera Estense, sotto Borso, cedette la parte settentrionale del Monte Cipolla a Soraggio (piccolo borgo della Garfagnana), in cambio pretesero che gli abitanti di detta Villa conducessero a Modena un orso vivo, oppure un cinghiale e in mancanza di questo un porco domestico di 300 libbre (circa 90 Kg.) "huomini di Soraggio col patto espresso di condurre ogni anno a Modena un orso vivo oppure in cingiaro o in mancanzo un porco domestico di libbre 300" (dal testo di Francesco Milani "Minozzo negli sviluppi storici della Pieve e Podesteria").Nacque così il proverbio "prendere l'impegno di portare l'orso a Modena". Secondo i pregiudizi di quel tempo l'orso veniva inviato a Modena non per essere mangiato, ma come amuleto contro il cosiddetto "mal sottile" (tubercolosi).
Il panino di San RoccoLa terribile peste bubbonica che aveva già funestato tutta l'Europa nel 1635, giunse anche in Italia. San Rocco, proclamato guaritore della peste, fu venerato ovunque.Si credeva allora che bastasse toccare una sua reliquia o una sua immagine per essere liberati dal male.Anche a Ligonchio si eresse un piccolo oratorio in suo onore. Alla ricorrenza annuale della festa a lui dedicata, il parroco di Ligonchio distribuisce ancora oggi un "panino benedetto" che viene conservato nella madia come amuleto preservatore di ogni male.
La leggenda dei tre brigantiIntorno all'anno 1000, tre fratelli: Pigo, Ligo e Silo, si ribellarono alloro padrone che esigeva forti gabelle, lo uccisero e per nascondersi si rifugiarono sulle nostre montagne.A loro si unirono altri giovani, formando cosi una banda che rubava e saccheggiava. Raccolto parecchio bottino e stanchi di quella vita, i tre fratelli decisero di fondare tre nuovi paesi dove stabilirsi definitivamente.Pilo si fermò su un poggio soleggiato e diede origine a Piolo; Ligo passò il fiume e quasi di fronte a Piolo fondò Ligonchio; Silo valicò Pradarena e vicino alle sorgenti del Serchio costruì la prima casa di Sillano (Lu).
VECHI PROVERBI DIALETTALI
"Garfagnin dalla Garfagna sten gais la castagna tmuntis dà la fama"
"La castagna l'ha curt la covvae prim cla çappa l'é sovva"
"Dividen dividen fradelta la çagna, e ma e porscel stè paiuraca t'inganna ma e porscel, a ta la cagna"
"Se la misca l'avessa scent miscin tocca la misda veda andar al mulin"
"La bifanaininscimma a per la çameva carnualcarnual un vos agnir la bifana tgnit murir"