Abbiamo per cinquanta anni menato il torrone ai sudafricani bianchi perchè erano razzisti e non democratici.
E loro ci dicevano.
Attenzione, i neri voi li vedete tutti neri ma invece qui si distinguono in Zulo, Xsosa e decine di etnie.
Qui c'è un altro razzismo che non è quello di neri contro bianchi, se si toglie di colpo il coperchio a questa scatola scoppia il finimondo.
L'occidente invece sapeva del sud africa più dei sud africani e si sono fatte le sanzioni, questo e quello, fino a che le due tribù bianche che avevano il potere da sempre lo hanno mollato.
Di sicuro era il primo passo per normalizzare il paese ma poi la comunità internazionale ha perso interesse alla cosa, in qualche modo ha lasciato la situazione a se stessa e mi pare stia degenerando sempre più
almeno 6 mila persone hanno cercato rifugio nelle chiese e nelle stazioni di polizia
La grande fuga dall'ondata xenofoba
Il Sudafrica precipita nel caos
Sono cittadini dello Zimbabwe, scappati attanagliati dalla fame e minacciati dalla violenza politica
(Epa)
DAL NOSTRO INVIATO NAIROBI – Fuggi fuggi generale degli emigranti dal Sudafrica dopo le violenze cominciate sabato, che hanno lasciato sul terreno 22 morti a Johannesburg. I disperati che negli ultimi mesi avevano cercato un rifugio nel più ricco Paese del continente a caccia di un lavoro cercano disperatamente di mettersi in salvo. Si calcola che almeno 6 mila persone abbiano cercato rifugio nelle chiese e nelle stazioni di polizia.
Sono soprattutto cittadini dello Zimbabwe, scappati da una crisi economica senza precedenti, attanagliati dalla fame e minacciati dalla violenza politica. L’ondata xenofoba, però, non risparmia nessuno. Soprattutto nigeriani, congolesi, pachistani, gente del Malawi. A Città del Capo è stata presa di mira la comunità somala che gestisce una gran quantità di piccoli commerci. «Nella mia chiesa ospito almeno 1500 persone - ha detto il vescovo metodista Paul Verryn - . Abbiamo già dovuto respingere due assalti. E’ una guerra di poveri contro poveri». Gli stranieri, come sempre accade, sono accusati di portar via gli affari e il lavoro. Fanno da capro espiatorio e scontano gli effetti della crisi sociale ed economica che ha colpito il Sudafrica dove la disoccupazione ha raggiunto il 30 per cento, il costo della vita è salito vertiginosamente, non si trovano case, la criminalità è aumentata in maniera esponenziale e il divario tra ricchi e poveri è diventato impressionante.
Ogni giorno, specie a Johannesburg, vengono consumate impunemente rapine e stupri. Le gang – scrivono i giornali – attendono con ansia il 2010, anno in cui il Sudafrica ospiterà i mondiali di calcio. Ieri mattina lo Star, il più diffuso giornale sudafricano, ha pubblicato in prima pagina la raccapricciante fotografia di un uomo bruciato vivo. Ma il monito non è servito a nulla. Le violenze sono continuate per tutto il giorno, soprattutto nelle città e nei villaggi verso il confine con lo Zimbabwe, dove in continuazione passano decine di persone scavalcando reti ormai ridotte a un colabrodo. Bande di giovani armati di coltelli e bastoni hanno attaccato, saccheggiato e bruciato i negozi e le case degli stranieri.
Il capo della polizia, dopo aver annunciato che i suoi uomini hanno arrestato almeno 600 persone, ha gettato acqua sul fuoco: «Non parlate di xenofobia – ha detto ai giornalisti – qui si tratta di criminalità comune». Le due cose, probabilmente, sono strettamente collegate. Fame e povertà generano violenza. Mentre il presidente sudafricano Thabo Mbeki ha annunciato un’inchiesta «per capire cos’ha provocato l’ondata di violenza», Jacob Zuma, presidente del partito al potere, l’African National Congress e futuro candidato alla presidenza l’hanno prossimo, è andato giù pesante con dichiarazioni che hanno marcato la distanza politica che separa i due uomini (nella corsa alla nomination Zuma ha battuto il candidato di Mbeki): «Dobbiamo vergognarci del nostro comportamento – ha detto - . Noi sudafricani durante l’apartheid abbiamo trovato rifugio in Paesi stranieri e siamo stati trattati benissimo. Chi scappa da condizioni disperate deve essere accolto con comprensione». Una stilettata a Mbeki. Il presidente sul problema dello Zimbabwe – Paese precipitato nel barato di una terribile crisi economica grazie al dittatore Robert Mugabe - ha sempre tenuto un atteggiamento conciliante, mentre Zuma ritiene che debba essere risolto al più presto perché destabilizza il mezzogiorno del continente.
Massimo A. Alberizzi