lunedì 10 agosto 2009

Da un articolo del corriere, il posto che amo piu' al mondo e che dopo 36 anni per la prima volta nella mia vita non vedro' questa estate

Dalla scogliera di Trieste, tra una folla abitudinaria e tranquilla, una piccola lezione sull’identità e sull’amicizia
Sulla riviera di Barcola, a Trieste. Si fa per dire, riviera; una sottile striscia di scogli, spiaggia libera che costeggia la strada principale di accesso alla città, acqua subito profonda, sulla riva tamerici spumose come onde, un orizzonte marino vasto e aperto, che nell’infanzia dava il senso dell’immensità oceanica, in un’educazione sentimentale in cui s’imparava una volta per tutte il legame fra l’eros e il mare. Quella gente in costume da bagno, non in uno stabilimento né su una vera spiag­gia, ma alle porte della città e quasi già in città, dà un’impressione di vita persuasa e goduta.

Trieste non è solo crocevia tra est e ovest, come recita la sua didascalia, ma pure fra nord e sud, fra la malinconia scandinava di certi tramonti d’inverno e la vitalità meridionale dell’estate. In fon­do al golfo, dove le acque italiane divengo­no slovene e poi croate, si vedono il Duo­mo di Pirano, la plurisecolare orma del le­one di S. Marco nell’Istria, e più avanti Punta Salvore, col suo faro e i suoi pini nel vento. La popolazione che da maggio a otto­bre, e soprattutto in agosto, arriva ogni giorno su quella scogliera di Barcola è abi­tudinaria; per tacita convenzione, ognuno di noi ha il suo posto sulla riva, generica­mente rispettato dai vicini, con cui s’in­trattengono rapporti garbati ma senza prendersi né dare confidenza. Ogni tanto aleggia, annunciata sui giornali, la minac­cia di divieti, piani regolatori, costruzioni di stabilimenti a pagamento o di porticcio­li turistici, minaccia finora ogni volta sven­tata da pugnaci lettere inviate alla stampa e alle autorità dagli uomini di penna, nu­merosi e assidui fra quei bagnanti, e da proteste che arrivano da triestini residen­ti da anni a New York o ad Adelaide ma non dimentichi di quella scogliera. Le au­torità, a dire il vero, dimostrano di com­prendere che quella libertà di «tocio» os­sia di tuffo è un bene pubblico, una buo­na qualità di vita collettiva, e si preoccupa­no delle docce gratuite e delle tamerici.

Qualche anno fa la scogliera era salita alla ribalta delle cronache grazie a un annega­to, il cui corpo riportato a riva e coperto da un lenzuolo era rimasto a lungo in mezzo ai bagnanti che avevano continua­to a prendere il sole accanto a lui, in quel­la familiare indifferenza della vita per la morte che la grande e rovente luce del­l’estate rende ancora più spietata. Pochi gli schiamazzi, rari i disturbi alla quiete pubblica. Giorni fa, una madre ha redarguito il figlio, un bambino di quat­tro o cinque anni che giocava con un’in­cantevole coetanea — nera come l’eba­no, evidentemente adottata dai genitori, due tedeschi che si erano sistemati un po’ più lontano — sparando con una pi­stola ad acqua e scavalcando di corsa i corpi distesi al sole, per lui non ancora desiderabili o conturbanti. Sgridato, il bambino protestava, dicendo che allora bisognava rimproverare pure la bambi­na. «Quale bambina?», chiese la madre, che non la vedeva perché si era nascosta dietro un albero. «Quella che parla che non si capisce niente», rispose lui, evi­dentemente colpito dal fatto che la picco­la chiamasse le cose in modo per lui in­comprensibile, un po’ arrabbiato di sco­prire che esse potessero avere altri nomi.

Non gli era passato per la mente di iden­tificarla con il colore della sua pelle, che pure spiccava nettamente anche accanto all’abbronzatura dei bagnanti; quella diffe­renza di colore, che in altre situazioni ave­va provocato e potrebbe ancora provocare separazione e segregazione feroce, era irri­levante rispetto alla differenza tra l’italia­no e il tedesco. Neppure quest’ultima, pe­raltro, aveva il potere di separarli, perché, appena riapparsa la bambina nel frattem­po debitamente ammonita (in tedesco) dai suoi genitori, i due avevano ripreso su­bito a rincorrersi e a spruzzarsi, ignari di aver tenuto una bella lezione sulla diversi­tà e sull’identità, temi del resto cari anche ai convegni cultural-balneari così frequen­ti sulle spiagge estive, almeno quelle un po’ più eleganti della scogliera di Barcola.